MIRACOLO
  • Che cosa c’entra una suora croata con un sommergibile della marina da guerra del Perù?
  • E perché alla Congregazione vaticana per le cause dei santi ci si è chiesti quale sia il record mondiale di sollevamento pesi?
  • È spiegabile con cause naturali che un uomo possa sollevare quattro tonnellate?

Strane domande per una storia singolare. Una delle più straordinarie, almeno tra quelle recenti, conservate in quella sorta di giacimento del prodigioso che è la sezione “miracoli” dell’archivio della Congregazione romana.

Miracoli che, lo si sa, sono richiesti – quasi un imprimatur divino – per promuovere un cristiano al culto degli altari, come beato o santo.

La vicenda che qui ci interessa (e per la cui ricostruzione, storicamente rigorosa, sono riconoscente anche al collega Saverio Gaeta, di Famiglia cristiana, che ha lavorato sui dossier originali) si svolge la sera del 26 agosto del 1988, a poche miglia dal porto di Callao, il maggiore del Perù, dove – al termine di una esercitazione – si sta dirigendo il sommergibile Pacocha. Lungo oltre 100 metri, dall’aspetto imponente, è in realtà poco più che un ferrovecchio: costruito nel 1943 per la marina degli Stati Uniti, è stato ceduto nel 1974 a quella peruviana, che lo usa per pattugliare le coste.

Poiché l’attracco alla banchina del porto è imminente, tutti i portelli sono già aperti e sollevati. All’improvviso, la collisione con un peschereccio oceanico giapponese in uscita dal porto: una grande nave con la prua corazzata per rompere il ghiaccio nella battute antartiche.

Sventrato a poppa, il Pacocha imbarca subito un’enorme quantità di acqua e comincia ad inclinarsi verso il fondo. Intrappolati tra le paratie, muoiono tre marinai, tra i quali il comandante. Quello in seconda, il trentaduenne tenente di vascello Luìs Cotrina, ordina l’evacuazione attraverso il portello di prua, dal quale in effetti riescono a gettarsi in mare alcuni membri dell’equipaggio, prima del rapidissimo affondamento totale. Quando il sommergibile è interamente coperto dalle acque, ci si rende conto che quel portello usato come via di fuga non si è chiuso e non può chiudersi: per l’urto e per l’assetto anomalo assunto dallo scafo, le leve di chiusura sono uscite dai loro alloggiamenti e ne impediscono la serrata. Resta aperta, così, una larga fessura da dove entra una cascata di acqua la cui portata, a causa della pressione, diventa tanto più violenta e imponente quanto più il sommergibile scende verso il fondo. Intanto, il giovane vice comandante Cotrina è ferito sul pavimento: proprio mentre cercava di aiutare i suoi marinai ad uscire e gettarsi in mare, è precipitato da un’altezza di quattro metri.

Testimonierà poi, nei molti processi ecclesiastici cui sarà convocato, che nei pochi secondi della caduta fu investito da una “esplosione di luce”, al centro della quale stava il volto sorridente di suor Maria di Gesù Crocifisso, nata nel 1892 in Croazia e morta a Roma nel 1966, fondatrice delle Figlie della Misericordia e il cui processo di beatificazione era allora aperto. L’anno prima, il tenente di vascello era stato ricoverato all’ospedale militare di Lima e una delle suore infermiere gli aveva dato da leggere la biografia della religiosa. In quei momenti drammatici, il volto di suor Maria, visto sulla copertina del volume, appare inopinatamente come in un flash accecante e dà all’ufficiale la certezza di un aiuto.

Come investito da una forza sovrumana, pur dolorante per la caduta e vincendo la forza dell’acqua che precipita, Cotrina riesce ad arrampicarsi per la scaletta e a raggiungere il portello. In quel momento, il sommergibile è inclinato di alcune decine di gradi ed è alla profondità di oltre 20 metri. Come stabiliranno le inchieste rigorose della marina peruviana (affiancate da un’indagine di quella americana e passate infine al vaglio dei tecnici nominati dalla Congregazione per i santi) la pressione esercitata dall’acqua sul portello equivale a un minimo di cinque tonnellate, compensate per circa una tonnellata dalla pressione interna del sommergibile.

Il giovane, dunque, non solo deve sollevare quel grande “coperchio”, vincendo un peso di quattro tonnellate, per permettere ai grossi ganci di chiusura di rientrare nei loro alloggiamenti, ma deve contemporaneamente girare un volantino che permetta la manovra, reggendo nel frattempo alla violenza dell’acqua gelida che tende a travolgerlo. Il record mondiale di sollevamento pesi apparteneva allora (e dovrebbe appartenere ancora adesso) all’iraniano Hossein Rezazadeh che, alle olimpiadi di Sidney del 2000, alzò 212 chilogrammi e mezzo. Ebbene, davanti al porto di Callao il portello fu sollevato, i ganci furono fatti rientrare, la falla fu rinchiusa: il peso sollevato dall’ufficiale peruviano fu di almeno venti volte superiore al primato olimpico.

Davvero un miracolo, oppure un fatto raro ma spiegabile in certe condizioni, dove l’istinto vitale può spingere a performances straordinarie? Sia i tecnici peruviani che, in seguito, quelli degli Stati Uniti e poi quelli vaticani, hanno discusso tutte le possibilità, giungendo alla conclusione che anche le condizioni più estreme non possono giustificare il sollevamento di 4.000 chili, per molti centimetri e per molti minuti, mentre il volantino veniva fatto girare, così che in fondo tutto il peso gravava su un solo braccio. Si narra di guru orientali che compirebbero imprese inspiegabili. Imprese, peraltro, mai verificate scientificamente come invece è avvenuto qui, attraverso il vaglio di molte commissioni in molti anni di inchiesta.

Non a caso il Pacocha è stato recuperato e demolito, ma la torretta e il suo portello sono tuttora esposti davanti alla scuola navale militare di Callao, con una targa che non parla solo di valore degli uomini ma anche – esplicitamente – di milagro.

Di miracolo, insomma. Quello che, riconosciuto alla fine come autentico, ha permesso la beatificazione di suor Maria, avvenuta a Ragusa, in croato Dubrovnik, per mano del Papa stesso, il 6 giugno del 2003.

Certo, l’enigma resta fitto anche nella conclusione di quel naufragio: i 23 occupanti del sommergibile ormai adagiato a oltre 40 metri di profondità, non dovevano più vedersela con l’acqua da quando il portello era stato chiuso, ma con l’aria che diventava irrespirabile.

Cotrina decise di ordinare l’evacuazione, a gruppi di quattro che cercavano di raggiungere la superficie dove incrociavano le navi di soccorso. Ce la fecero tutti, tranne due che, appena emersi, furono stroncati da embolia cerebrale. Un miracolo per tutti, dunque, ma non per due.

Un problema che sta fra le righe anche del dossier vaticano, dove ci si arrende al mistero, ricordando che non è in potere dell’uomo penetrare i disegni divini: le Sue vie, dicono gli ecclesiastici che hanno firmato il decreto di beatificazione, non sono le nostre.

Da "Vivaio" di Vittorio Messori



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