LO SCAUTISMO IN VENTIDUE PAROLE
M come Motto: Duc in altum

 

Il motto è un salvacondotto: un lasciapassare, una password… Una parola soft, da pronunciare sottovoce. Uno slogan particolare: non un “grido di guerra”, come suona il suo significato nella lingua gaelica, ma di pace! Un suono rivolto non all’esterno, contro il nemico esteriore, ma all’interno, all’amico interiore. Non un proclama, ma una risonanza. Un ordine fatto proprio, un comando interiorizzato. Una parola del Dio che è in noi: sussurro come d’aura lieve sui monti, parlottio o “borbottio” (secondo l’etimologia della voce motto: dal basso latino MUTTUM) come d’acqua viva che infrangendosi sulla chiglia di una nave sembra voglia dire con la sua speciale onomatopea e melopea evangelica: “DUC IN ALTUM - PRENDI IL LARGO” (Lc 5,4)!


D’altra parte i nostri motti si possono unire in “Eccomi, sono pronto a fare del mio meglio per servire”. Questi sono la definizione sintetica dello spirito che si vuole raggiungere con il nostro metodo. Per i Lupetti il motto è “del nostro meglio” (cfr. Ap 2,19); per le Coccinelle “eccomi” (cfr. 1 Sam. 3,4); per gli Esploratori e le Guide “estote parati” (cfr. Lc 12,40) o più semplicemente “sii preaparato” ed infine per Rovers e Scolte “Servire” (cfr. Ef 6,6)


Ma il Papa ora ci propone un vero minimo comune multiplo fra tutti, un motto che riassume tutti gli altri in cui si articola la scala dei motti propri delle tre Branche, con tutta la sua sublime valenza, simbolica. È un motto da prendere come abbrivo del Movimento Scout, inizio di una rotta o nuova route marina, più carica di simbolismo cristiano e intonata alla metafisica della gioventù cattolica.
È una spinta e un richiamo provenienti da Giovanni Paolo II in questi ultimi anni alle Guide e Scout, a partire dall’agosto 2003 in occasione dell’Eurojam dell’Unione internazionale delle guide e scouts d’Europa, svoltosi in Polonia; ripreso con passione, in Piazza San Pietro, il 23 Ottobre 2004 con l’accorato “Duc in altum, AGESCI, duc in altum, MASCI!”.


“Conduciamo la nostra barca in alto mare”: una sorta di appello o chiamata ad una missionarietà di stampo avventuroso romantico, intonata allo spirito giovanile, da parte del papa-poeta, conterraneo del grande scrittore Joseph Conrad, cantore del mare come luogo dell’avventura spirituale dell’uomo, specchio della sua umanità.


Un invito rivolto ai giovani scout “ad andare controcorrente”, a superare, per dirla conradianamente, “la linea d’ombra”, spingendosi al largo, in un viaggio senza scacco o naufragio come quello del tragico eroe conradiano Lord Jim, perché compiuto in compagnia di Colui che si carica di ogni nostra paura e ci fa camminare con Lui nelle acque della morte, facendoci vincere ogni pigrizia e superbia e rendendoci vittoriosi delle forze del male - del mare. Quello che alla fine dei tempi sarà condotto in alto, dissolto, assorbito dal cielo, divenuto come quello apocalittico di cristallo (Ap 15, 2), esteso a perdita d’occhio dinanzi al trono divino, simbolo di una pace luminosa in un universo rinnovato: cieli e terra-e mare-nuovi, ucciso il drago e tutti i mostri marini che infestano la vita e che si combattono vittoriosamente con le armi della fede e l’assistenza delle potenze celesti che aiutano chi combatte la buona battaglia. Duc in altum, dunque, e...Sursum corda! In alto i cuori, che sono rivolti al Signore...

Luigi Riceputi e Attilio Gardini