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UN IGNOTO SCOUT DE FRANCE
CADUTO PER LA LIBERTA’

 
A partire dal 1940 il massiccio montagnoso del Vercors, situato nella zona libera nel sud della Francia, è diventato un luogo di rifugio in particolare per le vittime delle misure di discriminazione politica o razziale del governo di Vichy. Con l’occupazione tedesca della zona libera, nel 1942, il Vercors diviene zona di resistenza.
Nelle formazioni partigiane operanti in zona è forte la presenza di scouts, sono molti infatti i rovers – anche interi clan – che hanno aderito all’appello all’insurrezione lanciato in previsione dello sbarco delle truppe alleate.
Nel 1944 dopo lo sbarco in Normandia i tedeschi decidono di liquidare le forze partigiane che si trovano nel massiccio, dato che la loro presenza minacciava le retrovie del fronte sud : la battaglia cominciò il 21 luglio e si concluse con l’annientamento delle formazioni partigiane.
L’episodio qui riportato, narrato nel dopo guerra su una rivista da un capo degli Scouts de France che operava in un "maquis" del Vercors, si svolge dunque nel momento più cruento dei combattimenti.

10 Agosto 1944, Vercors
“Capitano sembra che uno dei nostri sia stato ucciso, qualche giorno fa, dalle parti di Sapine. E’ ancora nel bosco, dei paesani l’hanno visto…”

Verso le otto di sera lasciamo il bosco fitto, nostro rifugio, per dirigerci verso la casa forestale di Sapine…
Da lontano scorgiamo una sagoma al suolo, al bordo di una piccola radura, antica piazzola di una carbonaia. Mi avvicino e subito una indicibile emozione mi colpisce: il vestito kaki è sbottonato e sul maglione blu del morto s’intravede il distintivo scout. In silenzio, noi lo guardiamo a lungo: è disteso a terra sul dorso, la testa un po’ inclinata, un braccio ripiegato sul cuore e l’altro steso in croce, del sangue seccato macchia la sua camicia sul collo e sulle spalle, è biondo e dimostra si e no diciott’anni. Sparsi attorno a lui una coperta, un berretto, un asciugamano, un sapone…tutto ciò che possedeva. Nelle sue tasche né una carta, né una moneta, né un documento d’identità, solo un fazzoletto marcato con le iniziali H.L.
O gloriosa povertà del mio sconosciuto fratello scout!
Piazzo un uomo di guardia, poiché i tedeschi sono dappertutto e sbucano fuori quando meno uno se li aspetta. Al centro della radura due partigiani cominciano a scavare il terreno.
Unisco due asticelle in croce e vi scrivo sopra con una matita rossa:

Qui riposa in Dio
un Routier Scout de France
morto per la libertà

Avvolgiamo il corpo del nostro camerata nella sua coperta e lo deponiamo nella tomba.
Estraendo allora il mio messale dalla tasca, spiego ai cinque partigiani che mi accompagnano:
“ Il nostro camerata era scout cattolico. Dirò ora le preghiere della Chiesa perché certamente ciò era suo desiderio”.
Faccio presentare le armi.
Manteniamo il silenzio per alcuni minuti, mentre la notte dolcemente invade la foresta.

Nel pubblicare il brano su un numero dell'Esploratore gli venne affiancato questo commento di Enrico Dalmastri (uno dei fondatori del Centro Studi Baden-Powell):


….sconosciuto il suo nome, sconosciuto il suo cognome, accertata però la sua identità di scout, mantenuta in evidenza anche nel pericolo.
E’ questo un grande esempio di stile scout. Lo stile è la testimonianza di un ideale vissuto. Alle grandi testimonianze si arriva solo realizzando, giorno per giorno, una coerenza di vita nelle piccole cose.
Ci siamo impegnati con la Promessa Scout a compiere il nostro dovere verso Dio, a sentirci così fieri della nostra Fede cattolica e a ricercare sempre da bravi cristiani la libertà e la dignità per tutti gli uomini, figli di Dio.
Il distintivo scout è simbolo di questo nostro speciale impegno, e deve ovunque qualificarci; dobbiamo portarlo sempre con onore perché tutti ci possano riconoscere come scouts cattolici e possano giudicare la nostra coerenza con gli ideali che esso rappresenta…
E.D.


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