LA « PEDAGOGIA DELL’EROE» NELLO SCAUTISMO

Un' educazione fondata principalmente sul sentimento potrebbe degenerare in una educazione « sentimentale »: in questo caso, esaurita la carica emotiva che ha mosso il sentimento, potrebbe esaurirsi e naufragare anche l’intera opera educativa.
Per questo, il Metodo scout realizza l’ educazione morale affiancando il sentimento alla volontà e puntando su quella che si può chiamare « pedagogia dell’eroe»: una pedagogia radicalmente opposta e inconcepibile con qualsiasi forma di sentimentalismo.

La pedagogia dell’eroe svolge la sua efficacia nell’età Lupetto e nell’età Esploratore, ma permane (razionalizzata, per certi valori della formazione personale e del servizio) anche in età Rover. Dati i caratteri della psicologia femminile, è invece latente nell’età Coccinella, si imposta nell’età Guida e si afferma (con i limiti indicati per il Roverismo) nell’età di Scolta.
La pedagogia dell’eroe si fonda sugli interessi spontanei verso il favoloso e verso l’epico ed è regolata dalle leggi dell’adesione e della identificazione. Il meccanismo messo in movimento da B.P. muove dalla considerazione (limitata al mondo maschile) che i ragazzi in età Lupetto e in età Esploratore sono generamente poco sensibili ai concetti astratti: idee come quelle di onore, lealtà, altruismo sono per essi quasi del tutto vuote. Il simbolismo degli elementi materiali, sul quale si fonda tanta parte delle cultura degli adulti, è per essi del tutto muto (verrà con l’esperienza). Cose come la Pace, la Bandiera, i monti, il mare o il cielo non li colpiscono oltre l’immediato sensibile. Tutto ciò cambia radicalmente, quando — con un processo di concretizzazione — nello Scautismo si parla loro degli uomini e delle donne dell’onore, degli uomini e delle donne della lealtà e dell’altruismo, o di quelli e di quelle che hanno costruito la Pace, hanno fatto la Patria, hanno difeso la Bandiera, hanno esplorato i monti, i mari, i cieli. Allora l’idea astratta si materializza, acquista una dimensione umana e reale.


L’artificio è psicologicamente fondato anche per un altro motivo: tutti i giovani amano il coraggio che non teme di affermarsi, gli atteggiamenti netti, eroici, anticonformisti, di rivolta: il buono se debole non convince, al più commuove e si ricade nel sentimentalismo.
Un motivo ancora: i giovani tendono a proiettarsi nei personaggi che li hanno colpiti (e non saranno mai il debole, il brutto, il vile della storia anche se ora alcuni forti condizionamenti mediatici sembrano contraddire questo naturale istinto).


Un capo o un esempio di giovani deve prima di tutto entusiasmare per la sua forza e la sua potenza (anche solo morale), proprio per questo occorre scegliere con attenzione i propri atteggiamenti e i modelli da proporre.


I mezzi per realizzare la pedagogia dell’eroe nello Scautismo non sono fissati in nessuno schema, ma vanno attinti dal Metodo secondo la sensibilità e le risorse dei capi. Comunque, occorre tenere presenti le grandi possibilità che offrono: racconti, letture, rappresentazioni, ricerche e inchieste, canti e danze, raccolte di cimeli, grandi giochi. Un posto a parte meritano la liturgia, le cerimonie, lo stile, le tradizioni. Il cinema e il mondo dello spettacolo sono fecondissimi creatori di miti e di eroi (nello stesso tempo anche di falsi miti e di falsi eroi).
Gli eroi che B.P. propone ai suoi giovani e alle sue ragazze sono i personaggi che sgorgano vivissimi dal filone di tutta la storia inglese: antichi cavalieri e paladini, condottieri, navigatori, esploratori, scienziati e lo stesso uomo della frontiera che è la ragione prima di essere di tutto il Metodo (con la schiera di donne che si affiancarono, di tempo in tempo, agli uni e agli altri). Sotto questa luce, non vanno dimenticati i Santi protettori: San Francesco per le Coccinelle ed i Lupetti, San Giorgio per le Guide e per gli Esploratori (oltre che per l’intero Movimento), San Paolo e Santa Caterina per i Rovers e le Scolte.

A tutti questi, sarebbe oggi anacronistico non affiancare personaggi tolti dall’attualità più recente: campioni e campionesse dello sport, missionari, uomini e donne di Stato, naturalmente scegliendo con cura. Quel che importa, in fin dei conti, non è il personaggio in sè né il suo sesso — ma l’ideale positivo che egli può rappresentare (agli occhi di una ragazza o di un giovane) e la carica emotiva che può spingere allo sforzo di realizzare in sè stessi quell’ideale.

Perché la pedagogia dell’eroe non si risolva in una fuga dalla realtà, in una esemplificazione vuota e senza corrispondenza effettiva, in un sogno ambizioso, il Metodo ricorre ad alcune precauzioni. Prima di tutto, impone che ogni Scout con cretamente si sforzi di possedere le virtù dei suoi eroi e ne dia la pratica dimostrazione. In secondo luogo, introduce alcuni correttivi (il lavoro manuale contro l’eccesso di fantasia, le « prove di classe » come indicazioni di un certo livello reale di preparazione, la vita della Grazia e la vita all’aperto come banco di prova e di esercizio delle virtù acquisite). In terzo luogo, con l’esempio e la pratica del servizio (in tuti i loro toni e le loro applicazioni, diverse per ognuna delle branche del movimento) umanizza le doti dell’eroe, le indirizza al loro fine, evita soluzioni negative come la presunzione, la superbia, l’egoismo, la protesta, il compiacimento di sè stessi.

Pietro Paolo Severi

 

L’EDUCAZIONE ALL’EROISMO: UNA CHIMERA?

Quando B.-P. scelse San Giorgio come protettore dello Scautismo forse si lasciò prendere dal sentimento, ma - conoscendo la persona - dubito che questo sia stato il motivo veramente cogente. La mia convinzione è che anche lui pensasse come valido il detto: “Vola alto solo chi osa farlo”. Cioè: se propongo ai ragazzi una ipotesi di vita di basso profilo ottengo risultati di valore debole; se invece chiedo loro di alzare gli occhi verso un ideale grande, più facilmente la persona si eleva con i suoi progetti.


Quando mi laureai in Pedagogia in una università statale mi riempirono la testa con nomi di pedagogisti che hanno avuto sì un intento benefico ma che abitualmente si sono ben guardati dallo spendere energie concrete nella educazione dei giovani. Due esempi fra tutti: Rousseau parla in maniera ottimistica della natura umana ma poi mette in collegio i suoi figli come per dire: “La mia teoria è bella ma la vita richiede ben altre scelte”. Maria Montessori, la “seconda mamma per milioni di bambini”, una volta dato alla luce un figlio suo, non trova di meglio che farlo allevare da una balia fino alla maggiore età.


Adesso che posso parlare senza paura della censura dei professori mi tolgo la soddisfazione di presentare quello che considero il più raffinato pedagogo di tutti i tempi: Gesù di Nazareth. Non ne parlo come Dio ma come uomo (che è poi la stessa cosa, ma non allarghiamo troppo il discorso). Gesù di Nazareth avrebbe approvato in pieno la scelta fatta da B.-P. di dare San Giorgio come modello ai ragazzi scout.
Infatti San Giorgio viene presentato come “icona” della purezza d’animo, della generosità, del coraggio, della professionalità (nelle armi sa fare il suo mestiere),della dedizione, della prudenza...: è un ideale troppo alto che può solo sconfortare? Non direi.
Vediamo come si è comportato Gesù con i suoi discepoli. Essi erano posizionati su valori assolutamente diversi: la casa, il lavoro, la carriera, il denaro... occupavano i vertici delle loro aspirazioni.
Gesù chiede loro di lasciare la casa per averne un’altra grande come il mondo; non offre nessuna garanzia economica; non dà adito alla possibilità di sfruttare popolarmente il suo carisma eccetto forse nella mattinata della domenica delle palme; li invita - di fatto - a rinunciare ad una famiglia; non permette loro che coltivino amicizie altolocate perché tratta duramente la classe dirigente del tempo; li fa diventare dei buoni scrittori pur essendo poco più che analfabeti (le lettere di san Pietro sono un bell' esempio di letteratura cristiana); li porta a diventare uomini di Fede quando la loro precedente esistenza era tutta incentrata sulla materialità dei profitti.


San Giorgio appare un modello alto, quasi irraggiungibile: non dobbiamo tradire né lui, né B.-P. né - per deduzione- Gesù di Nazareth riconducendolo ad un puro sogno velleitario. La persona umana è capace di ogni eroismo, purchè lo si creda (“Vola alto solo chi osa farlo”): Gesù è riuscito ad educare all’eroismo; BP ci ha creduto: tocca a noi continuare sulla medesima pista.
Educare a progetti di vita di alto profilo equivale a collocarsi nella situazione della inadeguatezza dei risultati: ti aspetti sempre qualcosa di bello dai tuoi ragazzi e quelli ti deludono ogni volta, ma è anche la scelta pedagogica più redditizia perché fa leva sulla risorsa più inesauribile dell’uomo: la bontà.

Romano Nicolini
da Esperienze e Progetti